Salute: negli ultimi 30 anni salvata 1 vita ogni 6 grazie al miglioramento della qualità e all’innovazione delle cure in cardiologia

GISE, Società italiana di cardiologia interventistica, presenta il Registro dei dati di attività 2015 dei laboratori di emodinamica – Dall’11 al 14 ottobre a Genova il 37° Congresso nazionale GISE

Roma, 6 ottobre 2016 – Sono quasi 340mila gli interventi per diagnosi e cura, tecnicamente le “procedure diagnostiche e interventistiche”, eseguiti nel 2015 nei 258 centri di emodinamica, il 97% di quelli operanti sul territorio nazionale, che inviano i propri dati di attività al Registro istituito da GISE, Società italiana di cardiologia interventistica.

Il Registro di attività Gise è una raccolta sistematizzata, che la società scientifica di cardiologia interventistica cura da oltre 30 anni, di ogni singolo esame diagnostico (coronarografia) o intervento coronarico, vascolare o strutturale venga eseguito nei centri di emodinamica italiani. Costituisce un database ricchissimo di informazioni, che raccoglie i dati di quasi 1.000 procedure eseguite ogni giorno nel nostro Paese. “Grazie a questo database, che GISE mette a disposizione di chi amministra lo nostra sanità, si è in grado di valutare e analizzare ciò che viene fatto, con l’obiettivo di contribuire all’appropriatezza e alla qualità delle cure, attraverso l’ottimizzazione delle risorse disponibili”, ha spiegato Giuseppe Musumeci, Presidente GISE, illustrando oggi al Senato l’analisi dei dati 2015, nel corso della presentazione del 37° Congresso Nazionale della società che si terrà a Genova dall’11 al 14 ottobre.

“Quello che emerge è un quadro positivo per la qualità delle cure assicurate agli italiani, in linea, se non migliorativo, rispetto agli standard dei maggiori sistemi sanitari mondiali. Infatti nel nostro Paese negli ultimi 30 anni la mortalità per cause cardiovascolari si è ridotta del 16%, permettendo di salvare 1 vita ogni 6 persone a rischio”, ha commentato Musumeci. Lo scorso anno nei Centri di emodinamica del nostro Paese sono state effettuate 281.364 coronarografie, 146mila circa delle quali si sono trasformate in un intervento di angioplastica per trattare una cardiopatia coronarica. Molto significativi sono alcuni dati che emergono dal Registro GISE, relativi in particolare a: le angioplastiche primarie (33.728), le angioplastiche con stent medicati (DES o Drug-eluting-stent, 120.224), gli interventi strutturali sulle valvole cardiache (4.154), l’utilizzo delle più moderne tecniche di imaging come la tomografia a coerenza ottica per l’analisi delle placche aterosclerotiche coronariche (OCT, 9.879) o la misurazione della riserva frazionale di flusso  con guida di pressione (FFR, 9.879) per valutare la gravità di un’occlusione parziale delle coronarie.

Le angioplastiche coronariche primarie si sono triplicate negli ultimi 12 anni (erano 11.881 nel 2003). “Ciò significa – ha detto Musumeci – garantire a una persona colpita da infarto del miocardio la migliore cura possibile: la riperfusione meccanica attraverso un catetere con palloncino e l’impianto di uno stent. Se effettuato entro sei ore dall’infarto rappresenta il modo migliore per salvare una vita, ridurre il rischio di un altro infarto, di ischemie ricorrenti e migliorare la sopravvivenza a lungo termine. Oggi il nostro Paese, in maniera abbastanza uniforme sul territorio nazionale, anche grazie allo specifico progetto GISE ‘Rete IMA Web’ condiviso con Società Italiana Sistema 118 (SIS 118) e Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza (SIMEU), è prossimo al raggiungimento della quota di 600 angioplastiche primarie per milione di abitanti considerata lo standard ottimale a livello internazionale.”

Anche l’impiego degli stent medicati è in crescita (+55% rispetto al 2005). “Aumenta in particolare l’impiego di quelli di nuova generazione, con riduzione del rischio di nuova occlusione (ristenosi) e trombosi e della mortalità”, ha detto Musumeci, ricordando, tra l’altro, l’apporto specifico di Gise all’attività della commissione tecnica che si occupa della stesura della gara nazionale per gli stent coronarici indetta dalla Consip, la società del Ministero dell’Economia e delle Finanze deputata all’acquisto di beni e servizi per le amministrazioni pubbliche: “una collaborazione volta a ottimizzare gli acquisti dei dispositivi medici più utilizzati dalla cardiologia interventistica, mantenendo alta l’attenzione su qualità, sicurezza e innovazione. Merito ai professionisti di Consip per aver voluto coinvolgere i rappresentanti delle società medico-scientifiche come la nostra, valorizzando le competenze di chi lavora nel settore e ne conosce tutti gli aspetti; la collaborazione con loro è stata estremamente fattiva in quanto vi abbiamo ritrovato grande competenza, serietà, efficienza e alta professionalità”.

Un indice di maggior appropriatezza delle cure – secondo Musumeci – è anche il ricorso alla OCT (+120% rispetto al 2005), una nuova tecnica di immagine a maggiore risoluzione rispetto alla classica ecografia endovascolare (IVUS), per valutare estensione e composizione della placca aterosclerotica che causa il restringimento della coronaria e che si utilizza quando non si ritiene sufficiente l’esame angiografico.

Infine, l’interventistica strutturale, in particolare per curare le malattie delle valvole cardiache, come la stenosi aortica, ossia il restringimento del lume della valvola, causato per lo più da depositi calcifici sui lembi valvolari, che impedisce il corretto flusso del sangue dal cuore all’aorta, o l’insufficienza mitralica che provoca un rigurgito di sangue dal ventricolo sinistro all’atrio sinistro per mancata chiusura della omonima valvola. “Si tratta di procedure che sono state sviluppate per via transcatetere, cioè attraverso vasi periferici, senza aprire il torace e il cuore e senza lasciare cicatrici: attraverso questa strada è possibile sostituire la valvola aortica – l’intervento si chiama TAVI e ne sono stati eseguiti 3.457 nel 2015 – oppure riparare la valvola mitralica con il sistema Mitraclip, 697 interventi lo scorso anno”, ha detto Musumeci. “Sono interventi che necessitano di elevata specializzazione, non destinati a tutti gli operatori, né tantomeno a tutti i pazienti – ha specificato – ma che costituiscono il fronte avanzato dell’innovazione tecnologica. Permettono di salvare vite, restituendo una buona qualità all’esistenza e di migliorare sensibilmente, nel caso dell’insufficienza mitralica, la prognosi del paziente con scompenso cardiaco.”

“Dieci anni fa queste procedure transcatetere non esistevano – ha chiarito Sergio Berti, Presidente Fondazione GISE – e nonostante siano entrate stabilmente nella pratica clinica anche in Italia, come nei principali Paesi avanzati, ancora presentano delle difficoltà dal punto di vista amministrativo. Infatti, non esistono nel nostro sistema di classificazione specifiche codifiche che permettano di identificarle univocamente. Il problema è stato messo in evidenza da Agenas nel documento di valutazione del Programma Nazionale Esiti (PNE) 2014. Ha quindi portato l’agenzia a chiedere alle società scientifiche, GISE e SICCH-Società Italiana di chirurgia cardiaca, di contribuire alla stesura di un documento di “Linee guida per la codifica delle procedure TAVI e degli altri interventi strutturali transcatetere sulle valvole cardiache” che vuole offrire una possibile soluzione a un problema ormai annoso, nell’attesa che nell’ambito dei processi di revisione del sistema DRG italiano attualmente in corso – il Progetto IT-DRG – siano predisposti codici di procedura e DRG specifici. Sappiamo che il documento ha superato il vaglio del Ministero della salute e deve ora essere recepito in ambito di Conferenza delle Regioni. Auspichiamo ciò possa avvenire entro la fine di quest’anno”, ha terminato Berti.

Fonte: Ufficio Stampa SICI-GISE e HealthCom Consulting

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